Capitolo 1
Quando la dea Nüwa terminò di riparare il pilastro che sosteneva il Cielo, si accorse che di tutte le pietre che aveva creato, una era avanzata. La pietra in eccesso venne gettata nel mondo terreno, rotolò fino al Picco Qinggeng e, con il trascorrere degli anni, acquisì un’essenza magica. Imparò a ingrandirsi e rimpicciolirsi a piacimento, ma soprattutto prese consapevolezza di sé, così capì di essere stata l’unica pietra a essere stata scartata dal pilastro del Cielo e trascorse intere giornate vergognandosi e tormentandosi.
Un giorno, un monaco buddista e un maestro taoista stavano conversando amabilmente nei pressi del Picco Qinggeng quando si accorsero che a terra, accanto a loro, si trovava una pietra meravigliosa, grossa come una noce e trasparente come il cielo. Il buddista la raccolse e si accorse che la pietra possedesse un’anima quindi decise di inciderci sopra dei caratteri in modo che chiunque potesse accorgersi che fosse un oggetto fuori dal comune. Ne convenne, inoltre, che una rarità del genere si sarebbe trovata meglio in una ricca e nobile famiglia, perciò la infilò in una manica e si alzò in volo in vortice di vento seguito dall’amico taoista.
Trascorsero ere e dinastie e capitò che un giorno un maestro taoista di nome Kong Kong si trovò a passeggiare sul Picco Qinggeng imbattendosi casualmente in un enorme masso con dei caratteri incisi sopra. Fermatosi a leggere, Kong Kong apprese che quella pietra fosse stata scartata durate la riparazione del pilastro del Cielo e che fosse stata poi consegnata a una ricca famiglia vivendo un’esistenza piena e felice. Ogni dettaglio del suo trascorso nel mondo terreno era stato trascritto, solo l’epoca in cui avvennero i fatti rimaneva un mistero. Kong Kong si complimentò con la pietra per ciò che aveva vissuto, il testo era lungo e articolato al pari di un romanzo, ma ritenne che probabilmente nessuno lo avrebbe trovato interessante. La pietra prese parola e contraddisse il taoista, i famosi romanzi erano pieni di intrighi a corte, omicidi, inganni e guerre, mentre la sua storia raccontava di episodi di vita comune, di fanciulle eccezionali e di modeste virtù così che qualsiasi lettore avrebbe potuto leggerla per svagarsi e distrarsi dai problemi quotidiani. Kong Kong rifletté a lungo, rilesse ancora una volta il lungo racconto e constatò che fondamentalmente si trattasse di una storia d’amore, di conseguenza decise di trascriverlo. Il romanzo giunse infine al signor Cao Xueqin, che lo corresse e lo rielaborò più volte fino a che, soddisfatto, lo pubblicò con il nome di Storia di una pietra. Quanto segue è il suo contenuto.
Nei pressi di un ricco quartiere di una tranquilla città del sud-est, si ergeva il tempio di Hulu Miao. Accanto al luogo di culto abitava un onorevole funzionario di poco più di cinquant’anni di nome Zhen Shiyin, un uomo tranquillo e pacato che aveva sposato una donna gentile e intelligente della famiglia Feng. La coppia non era particolarmente ricca, ma era rispettata e ben voluta dal resto del quartiere. Un giorno di una calda estate, Zhen Shiyin si appisolò sulla scrivania del proprio studio e nel sogno si ritrovò a passeggiare tra le nuvole incontrando sul suo cammino un monaco buddista e un maestro taoista. Il primo aveva stretto nel pugno un oggetto e stava raccontando al secondo che una storia d’amore stesse per iniziare e ciò che aveva in mano avrebbe dovuto incarnarsi per acquisire esperienza nel mondo terreno. L’oggetto, infatti, era una pietra di scarto della dea Nüwa, ma in seguito era stata raccolta dalla dea Jinghuan per farne il guardiano del proprio palazzo. La pietra, a cui era stato dato il nome di Spirito Cristallino, aveva fatto conoscenza con una pianta immortale chiamata Perla Vermiglia, la trovò amabile e gentile e trascorse con lei lungo tempo prendendosene cura annaffiandola e tenendole compagnia. La pianta doveva incarnarsi in corpo di fanciulla, ma non si decideva a scendere nel mondo terreno perché si rammaricava di non aver ripagato la gentilezza ricevuta da Spirito Cristallino, così la sua anima vagava senza sosta per il Cielo e prometteva a sé stessa che, se mai avesse incontrato nuovamente il suo protettore, avrebbe ripagato con le lacrime l’acqua ricevuta per essere annaffiata. Anche la pietra doveva incarnarsi, sicché il buddista la stava portando alla dea Jinghuan, l’incaricata a scegliere un corpo mortale. Il taoista era divertito dal racconto e propose al buddista di scendere nel mondo terreno per seguire le vicende della pietra e della pianta, ma Zhen Shiyin li interruppe incuriosito, li salutò rispettosamente e chiese delucidazioni sul discorso che stavano intrattenendo. Il monaco e il maestro restituirono il saluto, spiegarono di non poter rivelare dettagli riguardo ai voleri del Cielo, ma acconsentirono a mostrare e consegnare lo strano oggetto che il buddista reggeva in mano. Zhen Shiyin lo osservò attentamente, si trattava di una pietra meravigliosa, pura e cristallina, e si accorse che ci fossero incisi sopra dei caratteri minuscoli, ma, quando cercò di esaminarli, il buddista si riprese il prezioso oggetto e si incamminò con il taoista. Zhen Shiyin avrebbe voluto seguirli, ma improvvisamente si risvegliò proprio nel momento in cui una domestica stava entrando nello studio con in braccio sua figlia di tre anni Zhen Yinglian. Zhen Shiyin era molto affezionato alla bambina perché non aveva avuto altri figli, quindi la prese in braccio e la portò all’esterno verso la strada per farla svagare con il viavai cittadino. A un tratto si avvicinarono un monaco buddista e un maestro taoista, brutti e vestiti di stracci, il primo aveva la testa sfregiata dai segni della scabbia, mentre il secondo era zoppo. Al buddista scese qualche lacrima, non capiva come mai una bambina con un destino tanto infausto e che avrebbe provocato dolore a entrambi i genitori si trovasse ancora abbracciata al padre, per cui chiese che le venisse consegnata. Zhen Shiyin si arrabbiò e fece per rientrare nella propria abitazione, ma il vecchio buddista lo ammonì di stare attendo alla festa delle lanterne e all’incendio che ne sarebbe seguito, e in un attimo sparì nel nulla assieme al taoista.
Zhen Shiyin era ancora arrabbiato quando venne avvicinato da un distinto signore, si chiamava Jia Yucun, discendeva da una famiglia di funzionari caduta in rovina e di cui era l’unico rimasto, sperava di poter superare l’esame di stato come i suoi antenati, ma, giunto in città due anni prima, aveva esaurito il denaro per continuare a viaggiare e si era stabilito presso il tempio di Hulu Miao pagando vitto e alloggio leggendo e scrivendo. Si trattava di un caro amico di Zhen Shiyin, quindi venne invitato a trascorrere assieme il resto della giornata in modo da distendere i nervi. Jia Yucun accettò volentieri l’invito, ma i due amici si erano appena seduti a bere del tè nello studio quando un inserviente comunicò l’arrivo di un importante ospite. Zhen Shiyin dovette assentarsi per ricevere il nuovo arrivato e si scusò con l’amico, che, per nulla indispettito, lo pregò di fare con comodo. Jia Yucun stava ingannando l’attesa con un libro di poesie quando si accorse di una giovane inserviente nel giardino dell’abitazione intenta a raccogliere dei fiori, aveva movenze molto aggraziate e Jia Yucun rimase a osservarla piacevolmente colpito. La ragazza terminò la sua occupazione e si accorse di qualcuno affacciato alla finestra, notò che fosse un uomo di bell’aspetto, anche se vestito con abiti modesti, e indovinò che si trattasse di Jia Yucun, grande amico del proprio signore. Ricordava anche che Zhen Shiyin avrebbe tanto voluto aiutare economicamente questo caro amico, ma non aveva mai trovato l’occasione adatta. La ragazza si allontanò, ma la sorpresa del bell’uomo vestito malamente le fece voltare lo sguardo ancora una volta e il gesto venne frainteso da Jia Yucun, che lo interpretò come un interesse da parte della giovane inserviente, facendolo innamorare all’istante. Jia Yucun venne informato che l’ospite di Zhen Shiyin sarebbe rimasto per cena, di conseguenza decise di tornare al tempio dove dimorava.
Trascorsero i mesi e giunse la festa di metà autunno, Zhen Shiyin pranzò con la propria famiglia poi, verso sera, si recò al tempio Hulu Miao per invitare Jia Yucun a trascorrere la serata assieme, dato che altrimenti sarebbe rimasto da solo. Il talentuoso scrittore non faceva che pensare alla giovane domestica incontrata la volta precedente, per cui accettò volentieri, cenò assieme all’amico, si fece servire del buon vino e poi, complice l’alcool e la stupenda luna piena nel cielo, compose sovrappensiero degli splendidi versi. Zhen Shiyin rimase estasiato dall’improvvisata poesia e consigliò all’amico di iscriversi agli esami di stato che si sarebbero tenuti la primavera seguente poiché, con il suo acume, li avrebbe certamente superati. Jia Yucun avrebbe voluto recarsi alla capitale per sostenere gli esami, ma non aveva i mezzi e il denaro per affrontare il viaggio. Zhen Shiyin lo interruppe bruscamente e, felice di avere finalmente un pretesto per poter prestare del denaro all’amico, gli garantì che avrebbe sostenuto lui stesso tutte le spese del viaggio. Jia Yucun ringraziò e i due trascorsero il resto della serata piacevolmente. Il giorno seguente, all’alba, Jia Yucun si mise in marcia per la capitale.
Trascorsero altri mesi e giunse la festa delle lanterne, Zhen Shiyin chiese alla nutrice della figlia di accompagnare Zhen Yinglian in paese per assistere alle colorate e festose celebrazioni. La piccola si divertì parecchio, ma, verso mezzanotte, la nutrice la perse di vista e non riuscì più a trovarla. La cercò fino all’alba senza successo e, non osando tornare dal proprio signore, abbandonò la città. Zhen Shiyin e Lady Feng si preoccuparono e, quando vennero avvisati della scomparsa, si disperarono, piansero ininterrottamente per giorni e divennero cagionevoli di salute. Due mesi più tardi, il monaco del tempio di Hulu Miao rovesciò distrattamente una lampada ad olio appiccando un piccolo incendio, ma purtroppo le fiamme si propagarono violentemente sulle abitazioni limitrofe, tra cui quella di Zhen Shiyin, che divenne presto un cumulo di macerie. Il buon uomo, con la moglie e le poche domestiche salvatesi dall’incendio, si trasferì in campagna per vivere come contadini, ma i raccolti furono scarsi per via della siccità per cui dovette vendere il campo per pagare i debiti e affidò i risparmi al ricco padre di sua moglie per farsi comprare un terreno da coltivare. Il suocero gli truffò metà della somma e con il resto gli fece comprare un piccolo campo annesso a una fatiscente catapecchia. Zhen Shiyin non era avvezzo ai lavori manuali e presto cadde completamente in rovina, anche la salute lo stava abbandonando ed era certo la sua fine fosse vicina. Un giorno, però, gli si avvicinò un vecchio taoista zoppo che, provando pena per la sorte toccata a Zhen Shiyin, ma accorgendosi che fosse un uomo di elevata cultura, decise di portarlo con sé e in un attimo i due svanirono un vortice di vento. I testimoni raccontarono il fatto a Lady Feng, che lo fece cercare dappertutto, ma alla fine fu costretta ad arrendersi e a rimanere a vivere con il padre e le poche inservienti che le erano rimaste, eseguendo lavori di cucito per pagarsi il vitto.
Un giorno, una domestica della famiglia Zhen si trovava per le vie del paese per acquistare del filo per cucire e udì alte grida che annunciavano l’arrivo di un nuovo magistrato assegnato a quel distretto, alcuni soldati lo stavano trasportando su un palanchino e alla giovane inserviente, osservandolo, sembrò di averlo già incontrato. L’inserviente tornò verso l’abitazione della famiglia Feng e non pensò più all’incontro avuto fino a che, verso sera, due inviati del magistrato bussarono forte alla porta chiedendo di parlare con il signor Zhen.